Non vogliamo aprire il dibattito "sculacciate sì o no" o ascoltare giustificazioni come "non è mai morto nessuno" o "noi siamo cresciuti così". Piuttosto, fermiamoci un attimo insieme e riflettiamo.
Quando sentiamo "sta facendo i capricci", immaginiamo subito un bambino che non riesce a contenersi, sopraffatto da emozioni intense che forse nemmeno riusciamo a cogliere appieno. Vediamo un comportamento sbagliato. Tutto questo riguarda il bambino.
Ma quello che spesso non registriamo è l'adulto che pronuncia quella frase. Anche l'adulto è in quella situazione di non riuscire a contenere le proprie emozioni e sta avendo un comportamento inadeguato. Perché? Perché ENTRAMBI, adulto e bambino, sono in una situazione che non riescono a gestire, con emozioni che non riescono a controllare. E molto probabilmente hanno la corteccia cerebrale "spenta", reagendo istintivamente.
La domanda è: davvero noi adulti abbiamo bisogno di ricorrere alle punizioni fisiche per "riaccendere" la corteccia?
Il "muso" (termine bergamasco per indicare le facce contrariatedie bambini e adulti) viene spesso interpretato come un modo per farci pena, smuoverci o costringerci a cambiare idea su un "no". Ma se invece fosse un modo per esprimere uno stato d'animo? Per comunicare la contrarietà?
Se lo interpretiamo così, non dobbiamo più ribadire che è inutile, sentirci contestati o far presente che "il no rimane no". Possiamo invece dire: "Vedo che sei contrariato. Credo che sia perché ti ho detto di no. E mi dispiace. Hai ragione ad essere contrariato se è perché ti ho detto di no. Speravo anche io di poterlo fare, ma...". Diventa uno specchio in cui mostriamo di vederli e un ponte per gestire insieme quell'emozione e trovare un compromesso.
Il fatto che le punizioni non facciano sentire il bambino accolto, capito e compreso dovrebbe bastare per non usarle. Anche se a volte abbiamo l'impressione che sia l'unica cosa che non abbiamo ancora provato. Le punizioni ci danno l'illusione di agire concretamente per risolvere un problema ricorrente. Ma lo snodo è che le punizioni NON FUNZIONANO SUL LUNGO PERIODO.
Si basano sul bloccare un impulso per paura delle conseguenze, lasciando il bambino da solo a gestire le emozioni e i comportamenti in momenti in cui parte del suo cervello è "spento". Inoltre, se questa è la nostra reazione agli sbagli, è improbabile che il bambino venga a parlarci temendo di ricevere comunque una punizione.
L'idea dovrebbe essere che siamo noi a facilitare loro nel diventare adulti, non loro a facilitare noi nell'esserlo.
Vero, esistono sistemi come le "stelline" che funzionano. Ma il rischio è di perdere di vista il processo e, come con le punizioni, forzare i bambini in un meccanismo di causa-effetto senza un'assimilazione delle regole. Potremmo anche andare in frustrazione e sbottare quando gli obiettivi non vengono raggiunti.
Più che le stelline, dovremmo trovare un modo per verbalizzare e lodare anche gli sforzi, anche se il risultato non è stato ottenuto al 100%: "Ho apprezzato molto che stasera ti sei messo il pigiama la prima volta che te l'ho detto. So che per te è uno sforzo importante".
Perché le punizioni non dovrebbero funzionare? Perché si basano sull'idea che il bambino ricordi le sensazioni spiacevoli e "la prossima volta" si regoli di conseguenza, non ripetendo il comportamento. Ma ci sono due problemi:
Ci sono adulti in prigione perché non hanno rispettato la legge nonostante sapessero le conseguenze e avessero la corteccia completamente sviluppata. È davvero così verosimile chiedere a un bambino di avere un'autoregolazione maggiore?
Facciamo una prova: immaginiamo di discutere animatamente di un argomento controverso e, a un certo punto, ti tiro una sberla in faccia. Probabilmente non ti calmi, ma ti blocchi per lo shock. Se questa cosa si ripete più volte, quale sarà la conclusione del tuo cervello? Probabilmente che devi smettere di discutere determinati argomenti con me, non perché ti ho convinto o hai capito la base del discorso, ma perché vuoi evitare lo schiaffo.
QUESTO è il motivo per cui la punizione fisica non è educativa. Non funziona con gli adulti, perché dovrebbe funzionare con i bambini?