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Maggio 20, 2024

Come aiutare i bambini a gestire le loro emozioni intense: la potenza dell'ascolto e della comprensione.

Come funzionano le emozioni nel cervello e nel corpo

  1. Un evento scatenante cattura la nostra attenzione attraverso i sensi come la vista, l'udito o l'olfatto. Potrebbe essere un rumore, una situazione o un odore specifico.
  2. Le informazioni sensoriali vengono inviate all'amigdala, la parte del cervello che valuta la rilevanza emotiva dello stimolo e determina se dobbiamo reagire emotivamente.
  3. Se l'amigdala considera lo stimolo importante, invia un segnale ad altre aree cerebrali che controllano le emozioni e i pensieri coscienti.
  4. La corteccia prefrontale elabora le informazioni per comprendere appieno ciò che sta accadendo e "decidere" come reagire in modo appropriato.
  5. Quando proviamo un'emozione intensa, il corpo la manifesta esternamente in vari modi fisici come un aumento del battito cardiaco, della frequenza respiratoria o sensazioni viscerali nello stomaco.

Questo perché il cervello invia segnali al corpo attraverso il sistema nervoso. Se l'attivazione emotiva è troppo elevata, le manifestazioni diventano istintive e incontrollate poiché la corteccia "si disattiva", rendendo difficile filtrare razionalmente i comportamenti.

Ci sono frasi che tendiamo a dire automaticamente ai bambini arrabbiati, ma che in realtà non aiutano e possono addirittura peggiorare la situazione. Immaginate di essere furiosi per un motivo e qualcuno vi dice "Calmati adesso!". L'istinto naturale sarebbe di arrabbiarsi ancora di più perché nei momenti di rabbia intensa è il cervello limbico, la parte istintiva, ad essere attiva, non la corteccia razionale.

In questi momenti, le domande logiche, le spiegazioni, le regole o i tentativi di bloccare il comportamento non funzionano. Ciò che funziona è l'accoglienza, sia verbale con frasi come "Hai ragione! Vedo che sei proprio arrabbiato! Ti capisco. È normale!", sia non verbale attraverso abbracci, carezze (se il bambino lo permette), un tono di voce calmo e sereno.

Solo dopo che il bambino ha ripreso il controllo delle emozioni, possiamo passare al piano razionale con spiegazioni, soluzioni ed eventualmente regole. Il "prima calmati poi ne parliamo" serve a noi per ricordarci la sequenza, ma non va detto ad alta voce al bambino arrabbiato.

Le emozioni nascono dai pensieri: capire le cause per autoregolarsi

Non amo le frasi assolute perché di solito basta fermarsi a riflettere per trovare eccezioni. Questa però l'ho "masticata" a lungo prima di convincermi che è davvero sempre così: le emozioni vengono generate da una parte del cervello, il sistema limbico, come risposta a un pensiero.

Percepiamo una situazione, uno stimolo o un evento e il sistema limbico risponde con un'emozione, che a sua volta si manifesta attraverso espressioni facciali, verbali o corporee. Ogni situazione può generare una o più emozioni, talvolta specifiche come l'odio ("rabbia perché non mi capisci"), oppure miste come la frustrazione (mix di rabbia e tristezza).

Capire cosa ha innescato un'emozione ci consente di lavorare "sulla causa", ovvero la percezione e il pensiero sottostante, in modo molto più efficace. Siamo più efficaci perché facciamo sentire l'altro capito ("Forse sei arrabbiato perché G. ti ha rubato il gioco. Hai ragione!") e gli forniamo gli strumenti per comprendere le ragioni di base e quindi autoregolarsi meglio.

Quando proviamo rabbia, sapere che è dovuta all'impotenza ci aiuta fermandoci, respirando e cercando di capire cosa possiamo fare concretamente per modificare la situazione o allontanarci dal contesto. Paradossalmente, il solo passaggio di cercare una soluzione può aiutare il cervello a diminuire la percezione di impotenza. E se non funziona, ripetiamoci: "Hai ragione a provare rabbia per..."


Evitare di giudicare o minimizzare le emozioni dei bambini

Quando si tratta di gestire le emozioni dei bambini, a volte abbiamo la tendenza a giudicare o minimizzare ciò che per loro è importante. Possiamo cadere nella trappola di pensare: "È una sciocchezza!" o "Non è un grande problema". Ma questa reazione può essere dannosa per i bambini e per la comunicazione con loro.

I bambini percepiscono il mondo in modo diverso dagli adulti. Quello che potrebbe sembrare insignificante o irrilevante per noi, potrebbe essere di enorme importanza per loro. Quando giudichiamo o minimizziamo i loro sentimenti, rischiamo di invalidare le loro emozioni. E questo può far sentire i bambini incompresi, non ascoltati e, di conseguenza, farli reagire con un aumento dell'intensità delle loro reazioni emotive.

Un bambino che esprime un'emozione e ottiene una reazione del tipo "Non è niente" può sviluppare una maggiore frustrazione e confusione, portando a comportamenti più intensi o una maggiore difficoltà nel recuperare la serenità, perché cerca disperatamente di comunicare l'intensità delle sue emozioni.

Dovremmo sforzarci di accogliere e comprendere le emozioni dei bambini, anche se ci sembrano eccessive o irrazionali. Sospendendo il giudizio e i metri di misura adulti, possiamo fermarci a osservare e, se serve, "prestare loro la voce" nel descrivere la situazione. Da un lato ci alleneremo ad osservare le cause e i trigger, dall'altro loro si sentiranno davvero capiti e riusciranno più facilmente a recuperare la serenità.

L'importanza di far sentire i bambini capiti nelle loro emozioni

Spesso ci troviamo di fronte a situazioni in cui i bambini sono coinvolti in problemi o esperienze emotivamente intense. Come adulti, il nostro compito dovrebbe essere aiutarli a comprendere le cause, dare un nome alle emozioni e trovare strategie per gestirsi o risolvere.

Ma è davvero così importante far capire ai bambini che abbiamo colto la gravità di ciò che stanno vivendo? Anche perché a volte è già abbastanza difficile spegnere il filtro mentale del "Ma è una sciocchezza!".

Dobbiamo riuscire a sintonizzarci con loro e a fargli capire che davvero abbiamo capito che PER LORO in quel momento è gravissimo che la banana si sia spezzata o il bicchiere sia del colore sbagliato. Perché se si sentiranno capiti davvero, non avranno bisogno di mantenere l'attivazione emotiva così alta per così a lungo.

Se la persona che ho davanti ha capito la gravità della cosa, allora forse posso concedermi di calmarmi. Non serve che urli per esprimere e far capire il livello di frustrazione.

Può sembrare controintuitivo: "Se valido che è sempre tutto gravissimo, come capirà a distinguere quando lo è davvero o meno?". Ma il punto cruciale è che non possiamo essere noi a decidere l'impatto che un evento ha sulle altre persone, adulti e bambini.

Avere accanto qualcuno che li fa sentire capiti a prescindere dalla sproporzione emotiva rispetto alla causa, darà loro il margine per cominciare a distinguere loro stessi quali sono le cose "gravi" e quali quelle più risolvibili.

Non è facile, né spontaneo, ma credo sia davvero importante quanto meno provarci per stabilire e mantenere una relazione di comprensione e sostegno emotivo.


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